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Der Doppelgänger: in guerra e in amore tutto è lecito?

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da Renato Pizzi


Lo anticipo subito: non si affronta un tema leggero, a dispetto del titolo. Parliamo di regole, del loro rispetto e del rispetto delle regole in tempo di guerra.

Questo tema ci accompagnerà - se ne avrete piacere – per questo e per i prossimi appuntamenti, con l’introduzione al diritto internazionale umanitario (le leggi di guerra), per poi affrontare la questione della repressione dei crimini di guerra; esamineremo anche la tutela dei beni culturali, attraverso l’esame di un processo per attacco ai beni culturali che si è concluso recentemente davanti alla Corte Penale Internazionale.

Ritorno però al titolo. Escludo che in amore tutto sia lecito e, a ben pensarci, per gli stessi motivi per cui non lo è in guerra: esistono regole, norme, leggi che tutelano il rispetto della persona e della personalità. Queste norme vanno sempre rispettate anche quando non le condividiamo, perchè formano la base del patto sociale su cui fondiamo il rapporto tra persone, tra comunità e infine, nel caso di cui parliamo, tra stati.

Stabilito questo, torniamo alle cosiddette leggi di guerra. Il celebre ammiraglio Orazio Nelson, il vincitore di Trafalgar nel 1805, ebbe a dire: "humanizing war is humanizing hell" (umanizzare la guerra è umanizzare l'inferno) a significare che si trattava di un ossimoro, di un ideale impraticabile. Pochi decenni dopo, il generale prussiano Karl von Clausewitz, nel suo celebre Vom Krieg (Della guerra) sosteneva il famoso brocardo secondo cui la guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi, anzi uno strumento politico essa stessa. Tanto maggiore era l'interesse politico per il risultato, tanto più erano legittimi i mezzi per conseguirlo.

A questi concetti si contrapponevano gli ideali illuministi, il principio di persona come centro del mondo e dunque inevitabilmente la valorizzazione della vita umana, del rispetto ad essa dovuto in qualsiasi situazione. Riferendosi proprio alla guerra, scriveva già nel 1762 Jean Jacques Rousseau nel suo Contratto Sociale, che gli uomini erano nemici solo in quanto soldati di paesi in guerra: una volta deposte le armi essi tornavano a essere solo uomini e non si aveva più alcun potere (di ucciderli, per esempio) su di loro.

L'avvento degli stati-nazione, successivo alla Guerra dei trent'anni, aveva determinato un grande sviluppo del diritto internazionale, con cui gli stati si riconoscevano pari dignità e rango. Era inevitabile quindi che tutti i fattori ai quali abbiamo velocemente accennato portassero col tempo alla nascita di trattati e quindi di leggi, che regolassero la condotta delle ostilità in senso umanitario.

Malgrado alcuni documenti di rilevanza regionale, il trattato internazionale con il quale si ritiene aperta la strada allo sviluppo del diritto internazionale umanitario è la Convenzione di Ginevra del 1864, nata dall'impulso dello svizzero Henry Dunant, testimone della sanguinosa battaglia risorgimentale di Solferino e San Martino combattuta tra i franco-piemontesi e gli austriaci il 24 giugno 1959, con migliaia di morti e oltre 20.000 feriti. Questa battaglia è peraltro direttamente collegata alla nascita del Movimento internazionale della Croce Rossa (e successivamente della Mezzaluna Rossa). Nel 1864, come dicevamo, quasi tutti gli stati Europei dell'epoca, compreso il Regno d'Italia, sottoscrissero un trattato col quale si impegnavano sia a raccogliere e curare i soldati feriti in battaglia a qualunque nazionalità essi appartenessero, sia a rispettare soccorritori e strutture sanitarie che sarebbero stati riconoscibili e protetti da un emblema recante una croce rossa in campo bianco, simbolo di neutralità. Questa convenzione fu successivamente ratificata da numerosi paesi extra europei, dagli Stati Uniti all'Impero ottomano.

Negli anni seguenti e fino ai giorni nostri una serie di successivi trattati e convenzioni posero regole più stringenti alla condotta delle ostilità: furono pattuite norme a protezione delle vittime dei conflitti di terra, di mare (successivamente estese alle guerra aerea), a protezione dei prigionieri di guerra e - dopo la seconda guerra mondiale - a tutela della popolazione civile, che in tale conflitto fu pesantemente e drammaticamente coinvolta nei combattimenti. Si pensi, solo per citare alcuni esempi alle bombe atomiche su Hiroshima (oltre 150.000 morti civili) e Nagasaki e al bombardamento con armi convenzionali di Dresda nel febbraio 1945, che provocò circa 30.000 morti civili, così come al genocidio di milioni di Ebrei da parte dei nazisti.

Fu per il forte impatto politico ed emotivo provocato dalla guerra del 1939-45 che dopo tre anni di dibattito si giunse nel 1949 alla ratifica delle attuali Convenzioni di Ginevra, che impegnano - non sempre con successo - praticamente tutti gli stati del mondo.

Il rispetto delle Convenzioni prevede che siano sempre osservati il principio di proporzionalità e precauzione negli attacchi (uso della forza e valutazione degli effetti collaterali non eccessivi rispetto al risultato immediato previsto) e della distinzione tra combattenti e popolazione civile. Per combattenti si intendono non solo gli appartenenti alle Forze Armate di un paese ma anche milizie paramilitari riconosciute e organizzate e movimenti di liberazione, purchè rispettino essi stessi le regole di guerra. Le protezioni, purtroppo, sono molto più blande nei casi di guerra civile, evento rarissimo fino alla seconda guerra mondiale. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, che ha il rango di osservatore presso le Nazioni Unite e diritti pari quasi a quelli di uno stato, insiste presso la comunità internazionale affinchè le protezioni siano estese anche ai conflitti interni, ma esistono problemi politici da risolvere. Al Comitato viene peraltro riconosciuto, da tutti i paesi, il diritto di intervenire nei conflitti armati internazionali per portare soccorso neutrale e imparziale alle vittime, secondo lo spirito delle 'donne di Solferino' che dopo la battaglia già ricordata, vista la carenza di strutture sanitarie militari degli eserciti contrapposti, uscirono dalle loro case e andarono sul campo di battaglia a raccogliere i feriti, senza distinzione per il colore della loro divisa.

Oggi, trattati ad hoc regolano l'uso di certe armi convenzionali, vietano l'utilizzo di ordigni quali bombe a grappolo o mine antiuomo, proibiscono l'impiego di agenti chimici o batteriologici, tutelano l'ambiente naturale e i beni culturali dagli effetti dei conflitti. Si inizia ora a tentare una regolamentazione per quanto riguarda l'arma nucleare. Purtroppo non tutti gli stati, spesso i più grandi, aderiscono a questi accordi.

Alla prossima volta, se vi va, per domandarci: ma che succede a chi non rispetta queste norme?


Ps: In questa chiacchierata sono stato necessariamente sintetico; se avete dubbi o curiosità: renatopizzi@hotmail.com o lasciate un commento.



Questo è un articolo pubblicato il 11-04-2021 alle 23:48 sul giornale del 13 aprile 2021 - 890 letture