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Der Doppelgänger: La guerra è già scoppiata Marcondiro’dero, la guerra è già scoppiata chi ci aiuterà

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da Renato Pizzi


Quando si fanno parallelismi tra l’accanimento politico e il tifo da stadio il confronto ha un senso reale, se pensiamo che il famigerato “reggimento Azov”, la formazione militare ucraina formata da militanti nazisuprematisti bianchi - ciò che permette a Putin di invocare la lotta ai “neonazisti di Kiev”- è nato da “Setta 82”, un gruppo di ultras del Metalist Kharkiv che si è distinto in combattimento per il suo radicale nazionalismo in chiave antirussa.

Ma anche durante la guerra nella ex-Jugoslavia degli anni ’90, le sanguinarie “Tigri di Arkan” filoserbe avevano reclutato i loro miliziani tra gli ultras della Stella Rossa di Belgrado. Dunque vorrei esprimere qualche pensiero sull’invasione russa dell’Ucraina evitando posizioni da tifoso, pur se ho le mie idee, piuttosto nette, ma non ha senso riproporre dialettiche che stanno già spopolando sui social: da tutti virologi a tutti strateghi è un attimo.

Parto invece da un esempio qualsiasi: un dipendente, che lavorava per me sotto un contratto capestro, si licenzia dicendo che vuole passare al mio concorrente dall’altra parte della strada, portandosi dietro anche qualche buon cliente. La legge mi autorizza ad andare a prenderlo a casa e obbligarlo a restare con me a suon di legnate? Direi di no, a occhio e croce.

Bene, nel rapporto tra Stati dovrebbe essere la stessa cosa.

Chi lo dice? Per esempio la Carta dell’Onu. La Carta dell’Onu è del 1945, era appena finita la guerra più devastante che l’umanità avesse sperimentato e all’art. 2.4 recita: “I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”. (È il concetto ripreso poi dall’art. 11 della Costituzione italiana, comunque sempre da leggere per intero e non solo fino al punto e virgola).

Addirittura già la minaccia di usare la forza è una infrazione alle regole di convivenza internazionale. Ma allora come devono fare gli stati a risolvere le loro controversie? Lo spiega sempre la Carta dell’Onu, al punto precedente: “I Membri devono risolvere le loro controversie internazionali con mezzi pacifici, in maniera che la pace e la sicurezza internazionale, e la giustizia, non siano messe in pericolo.”

In pratica la guerra è vietata: lo Statuto delle Nazioni Unite riconosce il diritto all’uso della forza solo per autodifesa o laddove autorizzato dalle Nazioni Unite stesse: le classiche missioni di peace-keeping o peace-enforcing. Non per niente chiunque scateni una guerra, e lo fanno in tanti, di solito lamenta di essere stato aggredito: lo disse anche Saddam Hussein entrando in Kuwait nel 1990.

L’attacco russo all’Ucraina è quindi a mio avviso, ma non solo mio, una infrazione alle regole della convivenza tra gli Stati. Non sono i primi o i soli? Non credo che invocare il “tu quoque” possa ridurre o annullare le responsabilità di ciascuno. Sono enunciazioni di principio, buoni propositi, filosofia da salotto? Beh, il processo di Norimberga aveva aperto la strada alla repressione dei crimini di guerra e oggi lo Statuto di Roma del 1998, istitutivo della Corte Penale Internazionale, estende la giurisdizione anche al crimine di aggressione e ai crimini di guerra. Non per niente, il britannico Karim Khan, Procuratore Generale della CPI, ha già fatto sapere che sta monitorando i fatti per verificare eventuali ipotesi di reato. Per la precisione va detto che la Russia non ha mai ratificato lo Statuto di Roma, ma la Corte può intervenire grazie alla dichiarazione dell’Ucraina, che dal novembre 2013 ha riconosciuto la giurisdizione della CPI sul proprio territorio. La CPI prevede condanne fino all’ergastolo (art. 77.b) per cui non si tratta di semplici dichiarazioni di principio, a ben vedere. Certo che poi una sentenza dev’essere eseguita e non è così scontato, ma fare il capo di governo con una pena di trent’anni comminata da un tribunale che rappresenta 123 Paesi non è un bel vedere. Quanto meno ti taglia fuori da diversi viaggi in giro per il mondo.

Chiuso il discorso dello jus ad bellum, una volta scoppiato il conflitto tutte le parti sono comunque tenute a rispettare le leggi di guerra, in particolare ma non solo le Convenzioni di Ginevra del 1949.

Queste prevedono la netta distinzione tra combattenti e civili (ma i civili, per essere protetti, devono comportarsi appunto come tali e non prendere parte ai combattimenti), tra obiettivi militari e beni civili (ma un bene civile perde la protezione se usato per scopi militari). Prevedono che gli attacchi debbano essere sempre proporzionati (il vantaggio diretto non deve essere sproporzionato rispetto ai danni collaterali prevedibili). I feriti e i prigionieri di guerra devono essere curati e rispettati, l’intervento della Croce Rossa deve essere permesso e agevolato. Bombardare intenzionalmente case, scuole, ospedali o beni culturali è un crimine di guerra. Se le parti non dimostreranno un po’ di flessibilità e pragmatismo politico accettando una tregua e l’inizio di una trattativa i combattimenti arriveranno, ci stanno arrivando in queste ore, dentro le città e anche nella capitale. Il governo di Kiev ha armato massicciamente i civili. Pare che saranno riconoscibili da una fascia giallo-blu al braccio e tanto basti a qualificarli membri della resistenza, quindi combattenti privilegiati. Si vedrà. Ecco, ciò che mi premeva è condividere che esistono delle leggi, delle regole anche in guerra. E che chi aggredisce ha sempre torto. Questo non lo dico io, lo dice la Carta dell’Onu.



Questo è un articolo pubblicato il 26-02-2022 alle 20:23 sul giornale del 28 febbraio 2022 - 1150 letture